Dolore genitale cronico, bruciore vulvare, fastidi durante i rapporti o sintomi che sembrano cistiti ma non lo sono: se stai vivendo tutto questo e non hai ancora ricevuto risposte chiare, potresti soffrire di vulvodinia.
Questa condizione, ancora troppo poco conosciuta, colpisce fino al 15% delle donne e può avere un impatto profondo sulla vita sessuale, relazionale e quotidiana.
Per fare chiarezza su cos’è la vulvodinia, come si diagnostica e quali sono i trattamenti più efficaci oggi disponibili, abbiamo intervistato la dottoressa Marina Cortese, ginecologa con lunga esperienza clinica e un approccio olistico alla salute intima femminile.
In questa intervista approfondita parliamo di dolore intimo cronico, cistite, ipertono pelvico e dell’importanza di una diagnosi accurata e personalizzata. Perché dietro a un dolore vulvare che dura nel tempo c’è spesso una storia che merita ascolto, comprensione e cure su misura.
Buona lettura!
La vulvodinia è una patologia che colpisce il 10-15% delle donne. Si manifesta con dolore vulvare persistente (da almeno sei mesi) senza cause identificabili, come infezioni, lesioni o dermatiti.
Compare più frequentemente sotto forma di dolore e difficoltà all’inizio della penetrazione (dispareunia introitale), ma può anche presentarsi come dolore spontaneo, diffuso o localizzato (ad esempio a livello clitorideo o uretrale). Il dolore viene spesso descritto come puntorio, talvolta profondo, simile a un livido.
In alcuni casi, può mimare i sintomi della cistite, creando confusione nella diagnosi.
I mastociti, cellule immunitarie coinvolte nell’origine della vulvodinia, rilasciano mediatori chimici che innescano una contrattura involontaria del pavimento pelvico (ipertono).
Questo porta frequentemente a una irradiazione del dolore a livello della pelvi, fino a coinvolgere anche la zona anale e perineale. È per questo che molte donne affette da vulvodinia sperimentano anche dolore pelvico cronico.
L’unico esame standardizzato per la diagnosi di vulvodinia è lo swab test: attraverso un cotton fioc si esercita una leggera pressione su vari punti del vestibolo vulvare, sfruttando il fenomeno dell’allodinia. La paziente riferisce dolore puntorio al posto di una semplice pressione.
Tuttavia, la diagnosi di vulvodinia si basa principalmente su una accurata anamnesi: è essenziale comprendere quando sono comparsi i sintomi, cosa li aggrava o li allevia, la loro durata, e il vissuto psicologico della paziente. Sintomi associati, come difficoltà nella minzione, possono orientare verso la diagnosi anche senza un esame obiettivo invasivo.
Il trattamento della vulvodinia deve essere personalizzato e dipende dalle sue cause scatenanti.
Spesso c’è una storia di vaginiti ricorrenti da candida o di cistiti: è fondamentale trattare anche queste condizioni per ottenere risultati efficaci.
Il dolore nociplastico, tipico della vulvodinia, può essere gestito con:
In sintesi, si tratta di una terapia su misura, che tiene conto delle caratteristiche individuali di ogni paziente.
Molto dipende dalle cause che l’hanno scatenata. In generale, con un approccio mirato, è possibile ottenere un netto miglioramento o una remissione dei sintomi in 6-9 mesi.
Tuttavia, la vulvodinia può ripresentarsi nel tempo se si verificano nuovi fattori scatenanti, come infezioni acute o interventi chirurgici locali.
Il messaggio positivo è che è possibile migliorare significativamente la qualità della vita: tornare a vivere la sessualità, svolgere attività come andare in bicicletta o indossare abiti attillati, senza dolore.
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